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A2/F

Dedicato a Biba

C’è sempre stato un legame indissolubile tra Biba e me: giocatrice in erba di  13/ 14/15 anni, ebbe come primo allenatore Mario mio padre. E lei mai ha mancato di riconoscergli stima e gratitudine. Gli aneddoti si sprecano: bimbo di 5/6 anni, mi avvinghiavo all’unica pallonessa in campo, facendo ammattire le giocatrici, e non la volevo mollare: ero già rompiscatole allora. Una domenica Biba giocò con la febbre e dopo la partita finì a letto spossata. Il giorno dopo il papà le si presentò in casa con un caschetto di banane, “che, in quei tempi, non erano frutti per tutte le tavole. Era il suo modo discreto e intelligente di dire grazie” (Biba da “Il sorriso del D’Annunzio” 1998 pag.153).

Partita giovanissima alla volta di Torino per giocare nell’Autonomi in Serie A, dopo dieci anni tornò a Vicenza e l’anno dopo nel campionato 1964/65, con l’arrivo di Persi e Pausich (e più tardi di Agostinelli), fu protagonista dell’epico filotto di cinque scudetti consecutivi fino al 1969 con le maglie della Portorico Caffè e della Recoaro: in panchina prima Antonio Concato poi Zigo Vasojevic. Biba era fatta per giocare a pallacanestro: era una macchina da canestri. Vinse per tre anni la classifica marcatori e fece il record di punti segnati in una partita: 53 contro la Reyer superando Liliana Ronchetti, fortissima giocatrice della Comense, ferma a 51. Giocò più di sessanta partite in nazionale, frenata da tanti infortuni. Biba fece in tempo a passare il testimone ideale  della sua classe a Lidia Gorlin e Wanda Sandon di cui fu capitana: lei simbolo della leggendaria epopea anni Sessanta, loro degli altrettanti leggendari anni Ottanta. Ma a rendere straordinaria la figura di Biba non è solo la pallacanestro. Data la sua sua grandissima umanità, assieme a tante compagne, dedicò la sua vita agli altri. Generosa e attiva, fu per più di trent’anni a Lourdes per partecipare da volontaria ai viaggi della speranza. Due volte alla settimana si recava al Salvi per mille piccole incombenze, tra cui pettinare gli ospiti, raccontare loro storie, semplicemente tenendo loro la mano. Ci siamo incontrati in agosto al funerale di Olga Ruzzene, amica del cuore, compagna fedele nelle opere di carità.  Sono andato a trovarla a casa sua in ottobre. Ci siamo sentiti al telefono da Villa Berica; l’ho chiamata da Crema in dicembre, ci siamo risentiti a Natale per gli auguri. Poi la telefonata di sei giorni fa: “Sono a Milano, mi  operano al cuore. Sono stanca, ma fiduciosa. Torno a Vicenza presto…” Ed io: “Verrò a trovarti!”

Cara amica, quell’incontro non potrà più avvenire. Come non andremo più a far visita al grande vecchio della pallacanestro vicentina, Nereo “Pitta” Pittarlin, 102 anni ben portati, che abita a poche centinaia di metri da casa tua. Ci sembra impossibile: le dee sono immortali! Sei stata, per almeno tre generazioni, un mito, regina della Basilica Palladiana, regina di Piarda Fanton: un sogno leggiadro e fascinoso. Chi ama il basket e non è più giovanissimo ha la soddisfazione di dire: io l’ho vista, io quel quel gancio l’ho ammirato centinaia di volte; gancio inimitabile,  come inimitabile rimane la tua vita di atleta e di donna splendida. E, dura legge, se le gesta dello sport col passare degli anni rischiano di andare in oblio, quanto fatto di impegno, bontà e altruismo rimane perpetuo.

 Dice John Keats, giovane poeta inglese (1795-1821): “Una cosa bella è una gioia per sempre”. Tu sei stata per me, come per tutti, una chicca continua di gioia perchè eri una persona bellissima. E’ il momento del pianto: chissà quante delle tue compagne ora sono accorate ed abbattute. Ma passerà anche questo tempo. Ti sentiremo sempre al nostro fianco a tifare biancorosso: è arrivato il momento di lasciar stare il tuo caro colore bianconero! Adesso ritrovi Antonio Concato e mio padre. Abbracciali forte: mi mancano tanto. Saluta gli altri che sono sempre in maggior numero…Dì loro che arriveremo… arriveremo. E non perdere tempo a spiegare lassù la meccanica del tuo gancio: tempo perso. Come già detto, inimitabile.

 Ciao Biba, ti voglio bene.

Roberto Pellizzaro