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La Rekico ritrova l’ex Bruni: “La gente del Cattani è nel mio cuore”

«Firenze lo sai, non è servito a cambiarlo». Le parole del più grande successo del compianto Ivan Graziani, con soggetto debitamente adattato, calzano alla perfezione per quel giovanotto di Giovanni Bruni. Playmaker, classe 1981, esperienza ventennale in B, quest’estate ha varcato il Passo della Colla di Casaglia, spostandosi da Faenza a Firenze. Confermando sostanzialmente le cifre mostrate in maglia Raggisolaris: quasi 10 punti medi, oltre 3 rimbalzi e circa 5 assist per gara. Per lui il tempo insomma, sembra non passare, anzi: in Toscana resta sul parquet più di quanto non sse in riva al Lamone. L’highlander Bruni sarà domenica il classico ex di turno di scena al PalaCattani, con la sua All Food Enic, sodalizio creato dall’unione tra i due partner più importanti della storia recente della pallacanestro gigliata, Fiorentina e Pino Dragons. Squadra costruita con la politica dei piccoli passi, che naviga in zona playout, e che pertanto arriverà a Faenza a caccia di ossigeno come belva ferita: «E’ stata una stagione sfortunata – ci racconta – e solo da questa settimana saremo al completo, dopo tanti guai di infermeria. Di buon auspicio è aver mosso la classifica con Ozzano al supplementare, nell’ultimo match della prima fase, chiudendo una striscia di cinque sconfitte. Verremo al Cattani cercando di velocizzare quel processo di amalgama che finora gli infortuni non ci hanno fatto completare». 
La sua avventura a Faenza è durata solo 23 giornate, poi è scoppiata la pandemia, tra l’altro quando lei sembrava in ottimo momento di forma, con cinque match consecutivi in doppia cifra, in cui aveva una valutazione media di 18. Cosa le è rimasto nel cuore di quella stagione troncata?
«Proprio in occasione del match con Ozzano, ho parlato con il loro coach, Federico Grandi, ricordando che quando il campionato si fermò dovevamo giocare con loro, e sarebbe stato una sorta di spareggio per i playoff. Mi è rimasto sul gozzo perché è stato come un urlo strozzato fermarsi in quel modo. E mi dispiacerà non vedere nessuno sugli spalti del Cattani, cambierà tutta la prospettiva. Faenza ha nel dna la sua gente e penso avvertano la mancanza dei loro tifosi in modo particolare. Ecco, il pubblico del Cattani è ciò che mi è rimasto più nel cuore».
Come ha vissuto i mesi bui del lockdown?
«Sono tra i fortunati, perché ho potuto continuare a lavorare. L’unica differenza è non poter vivere la città dove gioco, e così perdo il quotidiano, l’affetto, la carica, cose che mancano in modo palpabile, anche perché il basket è molto legato all’emotività, ed io sono un tipo sanguigno, ho sempre cercato di trasmettere le mie emozioni all’ambiente. Giocare senza pubblico è disarmante».
Firenze è una piazza importante, che però non è mai stata particolarmente affezionata alle vicende cestistiche. Che aria tira da quelle parti dal punto di vista del «seguito»?
«La società fa le cose con raziocinio ed abbiamo un gruppo di sostenitori, il gruppo Pampero, formato da giovani che hanno sempre seguito la squadra e fatto da sesto uomo. Soffrono per non poter dare l’apporto che vorrebbero».
Gli anni per lei sembrano non passare. Ci sveli il suo elisir di giovinezza. «Non conosco altre ricette se non l’allenamento e la cura dell’alimentazione. Durante il lockdown correvo per ore in 15 metri di terrazzo, pur di tenermi in forma. So che la carriera successiva non sarà mai come fare il giocatore, quindi voglio prolungare questa fortuna al più alto livello possibile, finché il fisico me lo permette, cercando di trasmettere la passione ai più giovani». Entusiasmo, trasporto, coinvolgimento: Giovanni Bruni è sempre lui. No, Firenze non è servito a cambiarlo. Come avrebbe potuto, d’altronde? Più facile accada il contrario